Ordine di Cagliari: che succede? Presidente? Commissario?
postato da paolo.soro [01/04/2009 17:54]
Il 31 marzo è giunta la comunicazione (per posta ordinaria) del collega Guido Cogotti, datata 18/03/2009, recante prot. 223/2009/P/vf, avente oggetto: “Decadenza del Consiglio dell’Ordine dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili di Cagliari”. Meno male che detta missiva non è stata recapitata il giorno dopo, 1° aprile, se no avremmo pensato tutti si potesse trattare del classico pesce d’aprile. In tale lettera si legge: “Vi comunico che, a seguito delle dimissioni presentate da tutti i componenti del Consiglio … alla data 10 marzo c.a., lo stesso, ai sensi e per gli effetti del combinato disposto degli artt. 16 e 17 del D.Lgs. 139/2005 sarebbe da considerarsi sciolto”. Sarebbe? Il modo condizionale si usa per esprimere una condizione in base alla quale un evento si verifica o, appunto, si sarebbe potuto verificare. Quale è la condizione in base alla quale il consiglio “sarebbe da considerarsi sciolto” (che brutto termine)? La risposta si trova nello stesso periodo: “il combinato disposto degli artt. 16 e 17 del D.Lgs. 139/2005”. Leggiamo, dunque, questi due complessi articoli in modo combinato. Art. 16 – Sostituzione dei componenti del consiglio 1. Fatta eccezione per il presidente, la cui decadenza, dimissione, morte o altro definitivo impedimento comporta lo scioglimento di diritto dell’intero consiglio, alla sostituzione dei consiglieri che sono venuti a mancare per decadenza, dimissioni, morte o per altre cause, si provvede con la nomina dei primi dei non eletti nelle rispettive liste. 2. I componenti così eletti rimangono in carica fino alla scadenza del consiglio. 3. Se il numero delle vacanze contestuali supera la metà dei componenti il consiglio, esso decade autonomamente. Il presidente deve di diritto, entro sessanta giorni dalla intervenuta decadenza, convocare e tenere l’assemblea per l’elezione dell’intero consiglio. 4. In caso di impedimento del presidente, tale attribuzione è esercitata dal presidente del tribunale nel cui circondario l’ordine è istituito. Art. 17 – Scioglimento del consiglio 1. Il consiglio può essere sciolto nelle ipotesi in cui non si provvede alla sua integrazione, se non è in grado di funzionare, o se ricorrono altri gravi motivi. 2. In caso di scioglimento o di mancata costituzione del consiglio, le sue funzioni sono affidate a un commissario straordinario che provvede alla gestione ordinaria. 3. Lo scioglimento del consiglio e la nomina del commissario sono disposti con decreto del ministero della giustizia, sentito il parere del consiglio nazionale. Il commissario provvede entro sessanta giorni dalla nomina, salvo diversa indicazione del consiglio nazionale, a convocare e tenere l’assemblea per la elezione dell’intero consiglio, che resterà in carica fino alla scadenza naturale del consiglio disciolto o non costituito. Dalla lettura degli articoli in questione appare evidente quanto segue. L’art. 16 concerne – come da titolo – la sostituzione dei componenti del consiglio, nell’ovvio caso in cui qualcuno, in seno al consiglio, ci sia per compiere questa sostituzione; prevede, poi, il caso estremo della convocazione di una nuova assemblea, se viene a mancare la maggioranza dei consiglieri (non la totalità). Cioè a dire, anche in tale estrema ipotesi, esiste sempre qualcuno all’interno del consiglio che può attivare la procedura per giungere a nuove elezioni. Nel nostro caso, viene comunicato che, il 10 marzo, l’intero consiglio ha presentato le dimissioni (non solo qualcuno, o la maggioranza, ma tutti). Ergo, siamo di fronte alla disposizione di cui all’art. 17: scioglimento del consiglio. Ciò assodato, usare il modo condizionale mi pare quanto mai inadeguato: la condizione necessaria perché vi sia lo scioglimento (dimissioni dell’intero consiglio), purtroppo, si è già verificata con assoluta certezza; pertanto, il consiglio non “sarebbe da considerarsi sciolto”, ma si è oggettivamente sciolto il 10 marzo. E ora? Mi sembra che il richiamato articolo indichi chiaramente cosa avviene e, dunque, come ci si debba comportare in questi casi. In caso di scioglimento o di mancata costituzione del consiglio, le sue funzioni sono affidate a un commissario straordinario che provvede alla gestione ordinaria. Lo scioglimento del consiglio e la nomina del commissario sono disposti con decreto del ministero della giustizia, sentito il parere del consiglio nazionale. Il commissario provvede entro sessanta giorni dalla nomina, salvo diversa indicazione del consiglio nazionale, a convocare e tenere l’assemblea per la elezione dell’intero consiglio. Ci saremmo, dunque, aspettati tutti che il presidente uscente mandasse, prima di tutto e immediatamente, una comunicazione in merito al consiglio nazionale e al ministero della giustizia, informandoli di quanto accaduto; così che si potesse avere al più presto la nomina di un commissario straordinario per svolgere l’ordinaria amministrazione e indire – entro sessanta giorni – l’assemblea per le nuove elezioni. E invece, che succede? Il decaduto presidente si limita a informare il presidente del tribunale di Cagliari “per avere le opportune indicazioni”: veramente, le indicazioni si sarebbero dovute apprendere leggendo quegli stessi articoli poco prima richiamati o, al limite, se proprio si aveva paura di sbagliare, chiedendo lumi alla segreteria del consiglio nazionale. Che figura ci facciamo come ordine di fronte al Presidente del Tribunale, se il nostro ex rappresentante va a chiedere notizie su una norma che dovrebbe conoscere meglio lui e che, tra l’altro, in pratica, costituisce per il citato Presidente del Tribunale un mero atto burocratico? Voi andreste dall’impiegato che vidima i registri a chiedergli indicazioni su come si compilano? Dopo di che, il decaduto presidente revoca, il 18 marzo, le dimissioni: con la qual cosa, bisognerebbe meglio capire cosa si intende. Le dimissioni sono state formalizzate con una delibera consiliare il 10 marzo. Cosa ha fatto? Ha, d’autorità, revocato parzialmente quella delibera? E sotto quale veste, non essendo più, il 18 marzo, nemmeno presidente dell’ordine per avere presentato appunto le dimissioni il 10 marzo? E a chi ha indirizzato questa revoca se non c’era più un consiglio? A sé stesso in quanto ex presidente dell’ordine? Ma non basta: il decaduto presidente continua, de facto, a gestire l’ordine in tutto questo periodo e si appresta ad “avviare le procedure elettorali e la convocazione della relativa assemblea degli iscritti”. Francamente, restiamo basiti. Da un lato, non v’è chi non veda come qualunque elezione effettuata sulla base di simili prerogative assembleari sarebbe immediatamente e con successo impugnabile da chiunque. Tanto, visti i soldi che sono costati all’ordine di Cagliari i vari contenziosi (per lo più, in gran parte ancora da pagare), possiamo permetterci di creare i presupposti per dare vita a nuove inopinate azioni giudiziarie ... Per altro verso, l’ordine è immobilizzato. Non può esercitare nemmeno le minime operazioni istituzionali di base (quali, ad esempio, iscrizioni, trasferimenti e cancellazioni di iscritti e tirocinanti), il che potrebbe – tra l’altro – comportare ulteriori motivi di risarcimenti, salvo che non si stia procedendo lo stesso (cosa che sarebbe allora ancora più grave, in quanto chi firma non ha alcuna autorità per farlo). Continuano a rimanere i medesimi problemi di scarsa e intempestiva informazione degli iscritti. Permane, altresì, una specie di orrida pagina bianca all’indirizzo Internet http://www.dottcomm.ca.it/ dando così a tutti gli utenti (non solo ai colleghi, i quali, purtroppo ne sono già ben coscienti) un’immagine veramente barbina del nostro Albo di Cagliari, con l’aggravante che, presso svariati altri siti (ad esempio: http://www.ordinecommercialisti.it/), è possibile verificarne quanto meno gli iscritti (come a dire che non siamo in grado di dare su noi stessi quel minimo indispensabile servizio che altri riescono a dare al posto nostro). E nella comunicazione si parla di “spirito di servizio”; forse c’è stato un errore di battitura: semmai questo è puro “spirito disservizio”. Comunque, possiamo tranquillizzarci: come già detto, il decaduto presidente ha subito pensato al bene del nostro glorioso ordine e ha “dato tempestiva comunicazione a mezzo raccomandata” (non si sa mai) “al Presidente del Tribunale di Cagliari”. Non basta: con lo stesso ha “avuto un primo incontro nella giornata del 13 marzo”. Un primo incontro? Dobbiamo supporre che ce ne saranno degli altri? E cosa fanno durante questi incontri? Prendono un caffè al bar del palazzo di Giustizia? L’art. 16 del D.Lgs. 139/2005 recita: “In caso di impedimento del presidente, tale attribuzione – convocare l’assemblea per eleggere il nuovo consiglio – è esercitata dal presidente del tribunale nel cui circondario l’ordine è istituito.” Ma qui non c’è un impedimento del presidente (la battuta sarebbe fin troppo facile e la tralascio), semplicemente, non c’è un presidente e basta. E anche a voler dare della norma un’interpretazione autonoma alla volemose bene (che non è esattamente come fornirne un’interpretazione autentica), la lettera che ci ha mandato informa: - 10 marzo: dimissioni dell’intero consiglio, presidente incluso; - 18 marzo: revoca dimissioni del presidente; - 13 marzo, ossia “terra di nessuno”: incontro col presidente del tribunale (da cui, la domanda nasce spontanea: sotto quale veste?) Certo non è semplice gestire un ordine professionale in situazione normale, figuriamoci in una situazione delicata e difficile come questa. Appunto per questo, forse bisognerebbe lasciarlo fare a chi è in grado o, almeno, avere la modestia di farsi aiutare, consultarsi prima all’interno del consiglio (dove, “fino all’altro giorno”, sedevano colleghi validissimi e, taluni, pure di grande esperienza proprio nelle “cose” dell’ordine). Caro Guido, le dimissioni da un incarico così prestigioso (e lo dico, nel mio piccolo, per la personale esperienza quale consigliere), non sono un passo superficiale e avventato, ma costituiscono un atto altrettanto serio, importante e gravoso dell’accettazione dell’incarico stesso: occorre ponderarne bene gli effetti per sé stessi e per l’interesse pubblico delle persone in nome delle quali si agisce; sapere, in anticipo, quale sia il successivo preciso iter che occorre seguire. Non si può decidere così, ex abrupto, lasciando, oltre tutto, incompiuta, tutta una serie di impegni in precedenza presi e che non potranno essere definiti (e non parlo, evidentemente, delle solite grandi promesse elettorali, ma di ordinarie, parimenti importanti, questioni quotidiane). Non si tratta di una società commerciale che si amministra a proprio piacimento, si abbandona quando si vuole, salvo poi ricambiare idea ad libitum, compiendo atti unilaterali privi di valore. Si tratta, per la miseria, di un ente pubblico, che rappresenta più di mille iscritti, i quali meritano un minimo di considerazione in più di quella che gli è stata riservata e, soprattutto, pretendono che chi si assume l’onere / onore di guidarli, lo faccia impegnandosi seriamente e prima di tutto attraverso lo studio delle norme e dei regolamenti di riferimento per la gestione. Ciò scritto, come sempre, aspetterò fiducioso che tutti gli interessati (rectius, tutti gli iscritti) facciano sentire la loro voce: se non dimostriamo di avere un minimo di interesse per tali fondamentali questioni relative alla nostra categoria, poi non possiamo certamente lamentarci di nulla. Buona professione a tutti! |
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