Contenzioso Tributario: Lettera aperta al neo eletto Consiglio dell'Ordine di Cagliari
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Cari Consiglieri, capisco perfettamente che l’agenda quotidiana dell’Ordine è zeppa di impegni; ciononostante, considerato anche che l’argomento faceva giustamente parte del Vostro programma elettorale, vorrei richiamare l’attenzione riguardo a un aspetto della nostra professione divenuto ormai sempre più delicato e problematico: commissioni tributarie e attività accertativa degli uffici (oddio, “attività” forse è una parola grossa). Mi scuso in anticipo per il tono forzatamente irriverente con cui tratto l’argomento: non è mancanza di considerazione, tutt’altro; semmai, critica talmente aspra da richiedere l’immunità della satira per non generare conseguenze spiacevoli. In ogni caso, meglio far violenza alle proprie mandibole pur di provare a sorridere, che vagare nello studio ripetendosi mentalmente “chi me lo ha fatto fare” e cercare un appiglio nel soffitto a cui fissare qualche corda. C’era una volta l’avviso di accertamento. Strumento usato e abusato in maniera indegna (o, se preferite, degna sì, ma della Santa Inquisizione). Fortunatamente, però, il legislatore saggio è intervenuto con correttivi quali lo Statuto dei diritti del contribuente e tutta una serie di svariate procedure, c. d. deflative, per lenire gli effetti disastrosi che, oltre tutto, generavano uno spaventoso e insostenibile carico di lavoro nel contenzioso. Detto carico, stranamente, dopo una prima immediata attenuazione, è però ritornato a livelli inusitati. Perché? Purtroppo, per la legge del contrappasso, quello stesso legislatore ha pensato bene (anzi, male) di riformare tutto il sistema degli uffici dando vita alle agenzie. Già il nome avrebbe dovuto dar adito a funesti presagi; si sa, nomen omen (come dicevano i latini). Ma agenzie di cosa? Agenzie d’affari? Verrebbe da sospirare: “Si stava meglio, quando si stava peggio …”. Con l'arrivo delle agenzie si è opportunamente rivisto e aggiornato pure il contratto di lavoro del personale che vi opera, prevedendo un sostanzioso premio di produttività che viene erogato, almeno in parte e salvo eventuali successivi piccoli aggiustamenti, già sulla base del solo volume accertato. Proprio così: più accertamenti faccio, più guadagno. Che aberrazione! Come se a un vigile gli dicessimo che più multe fa, più è alto il suo stipendio. Ed ecco che, quasi per magia, con l’approssimarsi della fine dell’anno (non avrete, per caso, sperato di passarvi serenamente le vacanze di Natale?), si moltiplicano gli accessi degli organi accertatori, meglio noti a tutti con l’affettuoso nomignolo di Speedy Gonzales, i quali, in barba a qualunque Statuto dei diritti del contribuente e alla corretta tempistica indispensabile per l’applicazione dei famigerati strumenti deflativi, un giorno arrivano e pretendono di avere seduta stante la documentazione contabile completa degli ultimi 4/5 anni, la settimana dopo ti confezionano l’avviso di accertamento direttamente notificato dalle renne di Babbo Natale (che incomincia a incappucciarsi per dover consegnare anche queste amenità, oltre ai classici regali di circostanza); ma non basta, perché non pienamente soddisfatti dalla snellezza della procedura, la settimana seguente ancora, provvedono all’emissione del ruolo esecutivo, forti del fatto che, sulla base delle recenti teorie giurisprudenziali, l’avviso di accertamento non è atto di per sé stesso immediatamente esecutivo e, quindi, non è possibile ottenerne la provvisoria sospensione. Alla faccia dell’immediatamente esecutivo: iscrivi a ruolo due giorni dopo … e più immediato di così … Contraddittorio? No, ormai pare che il termine sia stato depennato anche dall’ultima versione dello Zingarelli; giusto il Devoto-Oli lo riporta, ma con una croce a fianco, lasciando chiaramente intendere la sua obsolescenza, diretta conseguenza dell’oggettivo mancato uso. L’altro giorno, un collega chiedeva a un noto esponente dell’ufficio in merito al PVC. Il PVC? Ma sei sicuro che si chiami PVC? Veramente, credo che il materiale delle bottiglie sia il PET, non il PVC; comunque, io, in genere, preferisco usare le lattine nella pausa merenda, sono più pratiche da riciclare. Insomma, ce ne sarebbe davanzo per intraprendere iniziative (già da altri recentemente accennate e che, essendo io assolutamente concorde con loro, mi permetto qui di richiamare), quali: adire la Corte dei Conti e procedere con esposti di carattere penale nei riguardi di tutti i rappresentanti della pubblica amministrazione (ma, forse, anche della pubblica indecenza, almeno secondo alcuni – beninteso, pensiero solo riportato, ma da me non condiviso), che sottoscrivono simili atti, pur sapendo (non voglio pensare siano talmente ignoranti – nel senso buono del termine – da non conoscere certe normative) che, indipendentemente dagli illegittimi lapalissiani aspetti di carattere procedurale, anche nel merito si palesano come privi di capo e di coda … e anche di corpo. E, allora, perché avvallarli? Cui prodest? Evidentemente, però, certe iniziative alquanto impopolari non potranno mai essere intraprese a livello di singolo professionista (lo so, qualcuno potrebbe anche essere tanto insano da farlo … mumble, mumble … scusate un attimo: sto riflettendo … no, meglio di no, almeno per ora). Ecco perché questo piccolo richiamo alla Vostra sensibilità, Cari Consiglieri: solo l’Ordine, in quanto tale, può “esporsi” in tal senso per la tutela della categoria. Qualcuno raccomanderà pazienza; vorrà dire che si proporrà ricorso in Commissione Tributaria Provinciale: ahia, che dolore! Ogni volta che si presenta un ricorso, prima, si deve andare in giornata a Lourdes (meno male che ci sono le compagnie low-cost, se no poi il rimborso spese non sarebbe accettabile), a pregare che la questione venga esaminata nella sezione "giusta". È notorio, infatti, che taluno giudice tenda a pronunciarsi ad graecas kalendas, mentre talaltro sia allergico alle ragioni del contribuente: quasi gli venisse un’eruzione cutanea, tutte le volte che debba eruttare la sua decisione nel senso a noi più favorevole. In più c’è l’aggravante del modus operandi durante l’udienza. L’usciere chiama la tua causa; tu entri nella sala, appunto, delle udienze e ci trovi il presidente della sezione che sta amabilmente disquisendo (di cosa non è dato sapere) con il rappresentante dell’ufficio. “Prego, dottore, si accomodi”, ti dice. E tu, di rimando: “Sicuro che posso? Sa, non vorrei disturbarvi”. Per non parlare, poi, della trattazione. Scrivi il ricorso; ti prepari a discuterlo con ogni scrupolo professionale; ma, dopo i circa trenta secondi introduttivi, incominciano delle immotivate interruzioni e, dopo altri due o tre minuti, i richiami a non dilungarti e chiudere in fretta che ci sono altre cause da trattare. E chi se ne frega, se ci sono altre cause da trattare. Quando finisci, finisci. Sei pagato per ascoltare, prima di decidere (salvo non abbia già deciso a priori). Certo che i Padri della Costituzione lo avevano inteso in tutt’altra maniera il diritto della difesa nel corso del giudizio. Tra l’altro, vi sono degli evidenti problemi di carattere deontologico: i miei onorari comprendono anche la discussione della causa, non la sola predisposizione del ricorso. Con quale faccia posso parcellare un lavoro che non mi è possibile svolgere? Ma meglio non addentrarsi in questioni tanto dolorose, quali quelle concernenti le spese del giudizio e la loro bislacca soccombenza, del tutto priva di attinenza con gli esiti della decisione e, soprattutto, con le naturali ragioni del diritto. Dopo di che, dovremo appellare e andare a far visita alla Commissione Tributaria Regionale e, magari (putacaso e putamiseria), fino in Cassazione: ma qui casca l’asino, cioè noi. Perché, in Cassazione, noi, non ci andiamo; come tutti quanti, infatti, ben sapete, il legislatore, sempre lui, ha ritenuto che non siamo all’altezza (indipendentemente dagli ormoni giuridici di cui ci volessimo nutrire). Tirando le somme, siamo tanto bravi da predisporre il ricorso anche in Cassazione (visto che, nella maggior parte dei casi, lo confezioniamo noi e poi lo affidiamo a qualche avvocato patrocinante presso la Suprema Corte), ma non altrettanto da poterci entrare (ci manca il pass); eppure, in Cassazione, è assai difficile che vi siano discussioni simili a quelle presenti nei primi due gradi del giudizio: perlopiù, non si discute affatto. Insomma, Cari Consiglieri, Vi invito caldamente a studiare qualche opportuna linea di azione, perché il nostro lavoro sta diventando davvero impraticabile, anche e soprattutto, nei settori in argomento. Vi saluto cordialmente e mi scuso per la prolissità del post, esclusivamente dovuta al fatto che il thema decidendum richiedeva almeno una piccola riedizione in chiave moderna del noto romanzo “Guerra e Pace”. PS: Il conte Bezukhov è impersonato dal legislatore, ovviamente … |
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Mi unisco alla richiesta del collega Paolo. La situazione è effettivamente grave. Penso ci siano i margini per un intervento costruttivo da parte dell'Ordine per agevolare un confronto sereno e alla pari tra contribuenti/professionisti e l'Ufficio.
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| postato da Francesco Caboni il 03/12/2009 10:05 | |





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