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E chi non scia in compagnia…

postato da paolo.soro [26/11/2011 17:09]

“Commercialista con gli sci”, questo il titolo della circolare che abbiamo ricevuto recentemente e che, lo ammetto, mi ha piacevolmente sorpreso.

Anzi, a esser sinceri, sulle prime son rimasto alquanto disorientato e ho dovuto rileggerla e verificarla più volte, anche perché l’oggetto della comunicazione, quanto a probabilità di sembrare veritiero, poteva essere paragonabile alle solite decine di mail giornaliere che riceviamo, recanti offerte fantasmagoriche di vincite milionarie, incredibili lavori strapagati da poter svolgere anche durante la notte mentre dormi e bonus finanziari stile megapresidente di multinazionale su conti correnti mai nemmeno accesi. Il dubbio ha incominciato a insinuarsi in me quando ho notato che il preziosissimo filtro antispam installato nel mio programma di posta elettronica non ha incominciato a far lampeggiare la spia rossa “posta indesiderata” e il costosissimo antivirus non ha bollato col consueto “teschio nero” il file allegato che il messaggio in questione recava con sé.

Non ero, però, ancora effettivamente convinto: vuoi vedere che, a furia di andare a sciare a Madonna di Campiglio, sotto minaccia tremontiana, Befera ha imposto l’incrocio delle banche dati professionali e mi hanno iscritto d’ufficio nell’Ordine di Trento? Ma no, non può essere, è firmata “Il Presidente Giancarlo Murgia”, non credo faccia il presidente di due Ordini contemporaneamente. Forse ho capito, deve essere una sorta di satirica presa in giro contro le annunciate liberalizzazioni delle nostre “esclusive” (il virgolettato è d’obbligo: ma quando mai le abbiamo avute?); a meno che non si debba, anche noi Commercialisti, fare la nostra parte per incrementare i consumi in tempi di crisi (dopo il “BTP-Day”, il “suglisci–Day”).

A dissipare ogni dubbio, giunge poco dopo la nota dell’Unione Giovani che, anche attraverso il proprio account Facebook, plaudendo all’idea, raccomanda a tutti di partecipare. E, a mio modesto avviso, ha perfettamente ragione.

Queste iniziative a carattere prettamente associativo, che costituiscono la regola in tantissimi Ordini d’Italia, sono state troppo spesso latitanti qua da noi, a Cagliari. Oltre tutto, proprio in un periodo come quello attuale, particolarmente negativo dal punto di vista economico, con il grigio orizzonte che la nostra categoria intravede, creare simili occasioni di incontro e dialogo non può che contribuire ad aumentarne la coesione e propiziare opportunità di azioni congiunte (anche nello svolgimento del nostro lavoro), potenzialmente foriere di effetti positivi per tutti.

Pertanto, mi sento di dare a Cesare (o Giancarlo che sia), quel che è di Cesare e, così come altre volte ho criticato determinate scelte, questa volta devo manifestare il mio assoluto apprezzamento. La settimana (12-19 febbraio) è una buona scelta come periodo per sciare ed è pure, nel contempo, una di quelle in cui possiamo un po’ tutti, bene o male, permetterci di restare in contatto coi rispettivi studi semplicemente limitandoci a sfruttare i potenti mezzi informatici (nell’albergo indicato c’è la connessione Internet Wi-Fi). Certo, bisogna ammettere che la varietà quantitativa e qualitativa delle piste di Selva o di Campiglio è ben altra cosa; ma, in posti simili, organizzare una comitiva così numerosa, durante quel periodo, presso un buon hotel tutto sommato ben servito e posizionato, e soprattutto contenendone i costi entro livelli accettabilissimi, sarebbe stata una chimera. Per altro verso, San Martino di Castrozza è sicuramente uno dei più bei paesini dell’arco alpino (elemento non trascurabile dato che tanti, di certo, non sciano).

Una critica alla circolare dell’Ordine non posso, a ogni modo, esimermi dal farla: va bene l’informativa riguardo alla registrazione dei partecipanti, ma quanti sono i crediti formativi professionali che ci spettano?

In conclusione, stimati Commercialisti con – o senza – gli sci, non fatevi pregare e partecipate; non saranno accettate scuse del tipo: ho promesso a mia moglie la crociera ai Caraibi, devo pagare l’affitto in nero all’Olgettina, ho licenziato la segretaria e il tirocinante per contratto non può rispondere al telefono, mi sono appena preso un alano per obbligare i clienti a pagare e non so a chi lasciarlo.

Ricordatevi il noto detto: e chi non scia in compagnia…



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Per un Paese migliore

postato da paolo.soro [25/09/2010 11:29]

Venerdì, ho ricevuto la circolare dell’Ordine in merito al prossimo Congresso Nazionale (Napoli, 21/22/23 ottobre, per la cronaca). Premetto che ho apprezzato lo sforzo profuso dal Presidente nel promuovere l’evento, fedele al proprio ruolo istituzionale. Le solite malelingue mugugneranno; eccepiranno che si trattava di una serie di frasi fatte; che non si può scrivere “occorre un Paese migliore”, “sentiamo il dovere di contribuire a migliorare l’Italia”, “insieme possiamo farcela” etc., precisando “senza retorica”.

Non sono d’accordo. Innanzitutto, la retorica, almeno come la intendeva Aristotele, era un’arte. E, in secondo luogo, cosa poteva scrivere? Ma, dico io: si può, oggi, in Italia, anzi, no, a Napoli (per carità, città talmente bella che si dice “vedi Napoli e poi muori” – ogni malignità è assolutamente non voluta e del tutto inappropriata), organizzare il congresso nazionale dei professionisti dell’economia e intitolarlo con uno slogan simile? Per un Paese migliore? Immagino il consesso di menti eccelse, vere teste d’uovo, che solo dopo interminabili sedute di lavoro, dove anche le sedie tremavano a causa del fibrillante brainstorming, lo ha partorito. Che poi, a voler essere puntigliosi, è pure una proposizione grammaticalmente errata: trattasi non di superlativo, ma di comparativo; o si mettono i classici puntini di sospensione, o, appunto, si aggiunge il termine da comparare “migliore di …” (le solite licenze poetiche che si prendono i pubblicitari da due soldi). Forse, è da intendersi “un Paese migliore” nel senso che peggio di come stiamo, pare assai difficile.

Siccome, però, per natura sono un ottimista (e meno male), ho pensato che, dopo tutto, è cosa buona e giusta partecipare. In genere, conosciute le date, se uno vuole recarsi a un congresso lontano dal proprio domicilio si informa su tre elementi fondamentali: il programma, i costi e la sistemazione.

Che pignoleria! La sistemazione? Uno si arrangia coi suoi amici! I costi? Vai sul sito dei voli low-cost e qualcosa trovi. Non sarà la spesa per l’iscrizione (con l’eventuale accompagnatore) a incidere! Non sono esattamente d’accordo. Forse sfugge l’attuale periodo di crisi da cui non sono certo immuni i commercialisti. Ma andiamo oltre: e il programma?

Beh, per il programma è ancora presto. D’altronde, mancano quasi 26 giorni. Si saprà. Che fretta c’è? A dire il vero, ben celato tra i meandri del sito (anche la Polizia Postale ha avuto qualche difficoltà a trovarlo), esiste un link che permette di scaricare una brochure chiamata “Programma provvisorio”, in modo tale che tutti possiamo farcene un’idea.

Oh!!! La copertina è un amore: in alto, fin oltre le nuvole (mai luogo fu più azzeccato), appare, stagliandosi nel creato, la parte finale di un’enorme gradinata di cemento (sconsigliata a chi soffre di vertigini, non avendo un briciolo di parapetto), in cima alla quale un uomo, elegantissimo nel suo abito grigio da lavoro (e, aggiungerei, per niente sudato nonostante la faticaccia compiuta per giungere in cima), allunga la mano nel cielo, arrivando quasi a ghermire la stella più brillante (la luna sarebbe stato troppo scontato e poi le proporzioni sono completamente sballate): il trionfo dell’idiozia! Non v’è chi non colga l’intrinseco e arcano significato di tale allegoria. Ma che? Ci hanno preso tutti per deficienti?

Ricordo che, alcuni anni fa, mia figlia (credo fosse in terza o in quarta elementare), aveva disegnato qualcosa di simile, solo che, al posto dell’uomo in abito grigio, aveva messo il suo cane (sancta simplicitas); e il lavoro non era piaciuto granché alla maestra: l’accoppiamento del blu del cielo col marrone della scalinata aveva prodotto uno spento cromatismo. In ogni caso, al centro della copertina, in mezzo al blu dipinto di blu, è posizionato lo slogan a caratteri cubitali bianchi: “per un paese migliore” (già che c’erano, tanto valeva scriverci: per un mondo migliore, previa autorizzazione di Bin Laden – ovviamente).

Meglio tralasciare le questioni estetiche e limitarsi alla sostanza dei contenuti.

Giovedì 21, alle ore 17,00, dovrebbe esserci (continuo a pensare che l'addetto al marketing dell’organizzazione sia un genio), niente popò di meno che: “L’upgrade costituzionale dello Statuto del contribuente” (di questi tempi, la Costituzione sarebbe meglio lasciarla in pace), con Attilio Befera: per un rapporto tributario tra Stato e cittadino finalmente certo, corretto e inderogabile.

Ho il permesso di ridere a squarciagola? Quale statuto del contribuente? Quello regolarmente ignorato dalle Commissioni Tributarie? Quello la cui forza di legge è stata riveduta e corretta dalla Cassazione? Quello sistematicamente calpestato da tutti i funzionari dell’Agenzia delle Entrate, i quali, sotto la brillante supervisione del loro comandante in capo Befera e senza colpo ferire da parte della Corte dei Conti, pur di chiudere il budget del loro ufficio e rimpinguarsi la tredicesima coi premi di produzione, si fanno beffe dei contribuenti e del nostro sudato lavoro? A proposito, estote parati che si avvicina la fine dell’anno e, insieme alle renne e alle strenne, arriverà il solito crocchio natalizio dei noti accertamenti c.d. a membro di segugio (naturalmente, ogni riferimento al nuovo redditometro è puramente casuale).

Venerdì 22, di prima mattina, dovremmo avere: “I professionisti al servizio del Paese” e questa, direi, è una verità inconfutabile. Ormai, siamo diventati dei veri e propri dipendenti dello Stato. È lo stipendio, che ancora non siamo riusciti a farci dare. Ci rivolgeremo al sindacato.

Battute a parte, devo riconoscere che l’autore del programma raggiunge il suo apice poco dopo, presentandoci, presumibilmente alle 11,00: “Le quote di genere … ma che genere di quote?” Un fine umorista, non c’è che dire. Come esclamerebbero agli uffici RAI di Roma, in viale Mazzini: Aho! Questo, se lo litigano tutti!

Infine, sabato 23, alle 16,00, per concludere il congresso anziché a tarallucci e vino (come si conveniva nei più ricercati baccanali fiorentini dell’Italia dei Comuni), una bella partita di calcio Agenzia delle Entrate – CNDCEC; cui segue l’immancabile battuta del nostro comico mancato: “Avversari solo sul campo”. No comment!

Insomma, un congresso che si preannuncia interessante e ricco di personalità; anzi, straricco. Leggo in rapida successione tutti i nomi dei VIP che saranno presenti: parlamentari, ministri, fior di professionisti da tutto il mondo, ho solo un sobbalzo quando noto che il dibattito sull’appena menzionato (ma già famigerato) upgrade costituzionale dello Statuto del contribuente verrà condotto e coordinato da Ilaria D’Amico. Non è che, in collegamento da Milano, ci saranno anche Bergomi e Caressa?

Sennonché, mi assale un dubbio: per ogni argomento, la durata prevista è di circa 90 minuti e a parlare sono indicate dalle 10 alle 15/20 Autorità. Come faranno? Ingrandisco il file PDF e scopro il trucco: in realtà, si tratta solo dei nomi di tutti quelli che sono stati invitati a partecipare; ben lungi dall’organizzatore conoscere chi di costoro sarà presente (dunque, impossibile saperlo per noi). Più che un congresso, sembra un appuntamento al buio.

Non voglio, però, fare la parte del solito disfattista; un grosso pregio c’è, in questa vetrina di amenità, in questo malcelato inno dell’effimero, in questa artificiosa miscellanea di ipocrita diplomazia, in questo fumoso insieme di nulla che qualche malcapitato ha avuto l’ardire di chiamare congresso: l’assegnazione (ennesima presa per i fondelli) ai partecipanti di ben 20 crediti formativi professionali, permettendo loro di chiudere il budget regolamentare previsto per essere considerati commercialisti preparati, aggiornati e al passo con le novità che il lavoro richiede. I miei vivissimi complimenti!

In conclusione, sarò solo un romantico idealista, ma, personalmente, avrei gradito molta più sostanza e meno politica (a cominciare dall’organizzazione, per finire con i contenuti di un qualche spessore pratico professionale); piuttosto che questa falsa patina offerta da lucide copertine che coprono orribili patacche e niente più. Un iscritto alla categoria va ai congressi nazionali (come cercherò di fare anch’io, impegni seri permettendo, se non altro per avere la possibilità di ricredermi), con la speranza di trovare delle risposte che lo aiutino a svolgere una professione sempre più difficile, in crisi e vituperata. Trova alquanto bizzarro imbattersi nello sfarzoso lusso borbonico allestito dal suo Consiglio Nazionale, sapendo che la propria quotidiana realtà è ben altra cosa, costellata non di stelle ma di ostacoli sempre più insormontabili finanche nel mero ordinario disbrigo di semplici pratiche burocratiche. E, forse (dico, solo, forse), intravedere un barlume di speranza per il futuro, almeno nell’unica occasione dell’anno in cui tutti i colleghi hanno la possibilità di incontrarsi, confrontarsi e – come hai giustamente ricordato Tu, Presidente – socializzare, sarebbe una piccola ma sufficiente iniezione di fiducia e uno sprono per continuare.

Perché, caro Presidente (permettimi, in questo, viceversa, di dissentire dal Tuo pensiero), noi non “abbiamo, tante volte, la sensazione di essere soli nello svolgimento del nostro difficile compito professionale”, siamo assolutamente certi di esserlo sempre.

Ad maiora!

 


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Commercialisti: la forza della categoria

postato da paolo.soro [28/01/2010 11:39]

Telefisco, l’annuale convegno di studi promosso, in diretta nazionale, da Il Sole 24 Ore, ha dato a tutti noi una conferma, seppure non ce ne fosse affatto bisogno: siamo una categoria che conta (nel senso contabile del termine).

La mattina è cominciata col caloroso e amichevole saluto di benvenuto da parte del direttore dell’agenzia delle entrate, Befera, il quale, in perfetta sintonia con l’abilità diplomatica che contraddistingue gli uomini di governo, specie in questi tempi (Bertolaso docet), ha dettagliatamente espresso il suo pensiero: “i commercialisti sono protagonisti dei progetti di evasione” fiscale, non dal carcere (n.d.r.).

Dopo di che, fuori programma, abbiamo ascoltato “l’insolitamente breve” intervento (si mormora che, nel frattempo, siano arrivate 12 domande di pensionamento alla direzione della Cassa di Previdenza) dell’onorevole ministro dell’economia, prof. Giulio Tremonti. Dalla scrivania che fu di un certo Quintino Sella, sua eccellenza, seduto a scranna con la veduta corta d’una spanna, ha premesso che, un tempo, la dichiarazione dei redditi si faceva a mano ed era assai complicata e lunga; ora, ci sono computer e programmi, ma risulta – pur considerata in proporzione – ancora più estesa e complessa.

Mormorii di soddisfazione e gridolini di compiacimento, in tutta la sala: oh, finalmente un ministro tecnico che capisce i problemi e inizierà davvero a semplificare. Come no?

Iniziano a parlare i relatori e abbiamo subito l’idea precisa di quello che intende il governo quando parla di semplificare e riformare il sistema fiscale:

  1. scatta l’obbligo dei modelli Intrastat anche per le prestazioni e le acquisizioni di servizi;
  2. l’invio diventa mensile;
  3. nuova specifica abilitazione per apporre il visto di conformità con polizza assicurativa da rivedere completamente;
  4. dichiarazione IVA annuale a febbraio;
  5. modello F24 per le compensazioni (ma solo quello) da canalizzare direttamente all’agenzia delle entrate;
  6. nuove deduzioni da inserire nel modello unico (così chiamato perché trattasi di una dichiarazione veramente unica e irripetibile, in tutti i sensi);
  7. una serie di informazioni in più da inserire nelle note integrative dei bilanci;
  8. un’analoga serie di controlli in più da effettuare in qualità di revisori.

Se poi si vanno a sviscerare le novità, studiandone i concreti aspetti pratici di concerto con le restanti norme che già esistono (soprattutto, in tema di antiriciclaggio), ci si rende conto che il nostro sta diventando, sempre più e a tutti gli effetti, un vero e proprio “Stato di Polizia”. E questa non è la notizia peggiore (forse, non è nemmeno una notizia); il punto è che i poliziotti siamo noi; e pensare che ci siamo scordati, anche questo mese, di passare in questura a ritirare lo stipendio.

A questo punto, il solito idiota di turno potrebbe fare una domanda: come facciamo a essere, contemporaneamente, protagonisti dell’evasione e poliziotti dello Stato?

Inoltreremo – come espressamente richiesto – tramite SMS, il quesito agli esperti del convegno, perché ci sentiamo ancor più idioti dell’idiota di turno e non siamo in grado di fornirgli adeguata risposta.

Ci sarebbero svariate ulteriori riflessioni, scaturite dall’intensa e affascinante giornata di formazione, da esporre al pubblico ludibrio, ma ci siamo ripromessi – questa volta – di essere leggermente più concisi di quella luminaria di ministro che ci ritroviamo, pertanto, concluderemo il nostro volgare intervento, limitandoci soltanto a riportare questa piccola facezia: qualche pignolo potrebbe avere, altresì, notato come, per quanto il privilegio di apporre il visto di conformità spetti a tanti soggetti (commercialisti, consulenti del lavoro, periti iscritti negli elenchi delle camere di commercio, CAF, cani e porci – speriamo di non aver fatto torto a qualcuno, dimenticandoci di menzionarlo in questo elenco), i protagonisti delle evasioni sono soltanto i commercialisti.

Ah, quando si dice la forza della categoria …

 


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Contenzioso Tributario: Lettera aperta al neo eletto Consiglio dell'Ordine di Cagliari

postato da paolo.soro [02/12/2009 15:16]

Cari Consiglieri,

capisco perfettamente che l’agenda quotidiana dell’Ordine è zeppa di impegni; ciononostante, considerato anche che l’argomento faceva giustamente parte del Vostro programma elettorale, vorrei richiamare l’attenzione riguardo a un aspetto della nostra professione divenuto ormai sempre più delicato e problematico: commissioni tributarie e attività accertativa degli uffici (oddio, “attività” forse è una parola grossa).

Mi scuso in anticipo per il tono forzatamente irriverente con cui tratto l’argomento: non è mancanza di considerazione, tutt’altro; semmai, critica talmente aspra da richiedere l’immunità della satira per non generare conseguenze spiacevoli. In ogni caso, meglio far violenza alle proprie mandibole pur di provare a sorridere, che vagare nello studio ripetendosi mentalmente “chi me lo ha fatto fare” e cercare un appiglio nel soffitto a cui fissare qualche corda.

C’era una volta l’avviso di accertamento. Strumento usato e abusato in maniera indegna (o, se preferite, degna sì, ma della Santa Inquisizione). Fortunatamente, però, il legislatore saggio è intervenuto con correttivi quali lo Statuto dei diritti del contribuente e tutta una serie di svariate procedure, c. d. deflative, per lenire gli effetti disastrosi che, oltre tutto, generavano uno spaventoso e insostenibile carico di lavoro nel contenzioso. Detto carico, stranamente, dopo una prima immediata attenuazione, è però ritornato a livelli inusitati. Perché? Purtroppo, per la legge del contrappasso, quello stesso legislatore ha pensato bene (anzi, male) di riformare tutto il sistema degli uffici dando vita alle agenzie. Già il nome avrebbe dovuto dar adito a funesti presagi; si sa, nomen omen (come dicevano i latini).

Ma agenzie di cosa? Agenzie d’affari?

Verrebbe da sospirare: “Si stava meglio, quando si stava peggio …”.

Con l'arrivo delle agenzie si è opportunamente rivisto e aggiornato pure il contratto di lavoro del personale che vi opera, prevedendo un sostanzioso premio di produttività che viene erogato, almeno in parte e salvo eventuali successivi piccoli aggiustamenti, già sulla base del solo volume accertato. Proprio così: più accertamenti faccio, più guadagno. Che aberrazione! Come se a un vigile gli dicessimo che più multe fa, più è alto il suo stipendio.

Ed ecco che, quasi per magia, con l’approssimarsi della fine dell’anno (non avrete, per caso, sperato di passarvi serenamente le vacanze di Natale?), si moltiplicano gli accessi degli organi accertatori, meglio noti a tutti con l’affettuoso nomignolo di Speedy Gonzales, i quali, in barba a qualunque Statuto dei diritti del contribuente e alla corretta tempistica indispensabile per l’applicazione dei famigerati strumenti deflativi, un giorno arrivano e pretendono di avere seduta stante la documentazione contabile completa degli ultimi 4/5 anni, la settimana dopo ti confezionano l’avviso di accertamento direttamente notificato dalle renne di Babbo Natale (che incomincia a incappucciarsi per dover consegnare anche queste amenità, oltre ai classici regali di circostanza); ma non basta, perché non pienamente soddisfatti dalla snellezza della procedura, la settimana seguente ancora, provvedono all’emissione del ruolo esecutivo, forti del fatto che, sulla base delle recenti teorie giurisprudenziali, l’avviso di accertamento non è atto di per sé stesso immediatamente esecutivo e, quindi, non è possibile ottenerne la provvisoria sospensione.

Alla faccia dell’immediatamente esecutivo: iscrivi a ruolo due giorni dopo … e più immediato di così …

Contraddittorio? No, ormai pare che il termine sia stato depennato anche dall’ultima versione dello Zingarelli; giusto il Devoto-Oli lo riporta, ma con una croce a fianco, lasciando chiaramente intendere la sua obsolescenza, diretta conseguenza dell’oggettivo mancato uso.

L’altro giorno, un collega chiedeva a un noto esponente dell’ufficio in merito al PVC. Il PVC? Ma sei sicuro che si chiami PVC? Veramente, credo che il materiale delle bottiglie sia il PET, non il PVC; comunque, io, in genere, preferisco usare le lattine nella pausa merenda, sono più pratiche da riciclare.

Insomma, ce ne sarebbe davanzo per intraprendere iniziative (già da altri recentemente accennate e che, essendo io assolutamente concorde con loro, mi permetto qui di richiamare), quali: adire la Corte dei Conti e procedere con esposti di carattere penale nei riguardi di tutti i rappresentanti della pubblica amministrazione (ma, forse, anche della pubblica indecenza, almeno secondo alcuni – beninteso, pensiero solo riportato, ma da me non condiviso), che sottoscrivono simili atti, pur sapendo (non voglio pensare siano talmente ignoranti – nel senso buono del termine – da non conoscere certe normative) che, indipendentemente dagli illegittimi lapalissiani aspetti di carattere procedurale, anche nel merito si palesano come privi di capo e di coda … e anche di corpo.

E, allora, perché avvallarli? Cui prodest?

Evidentemente, però, certe iniziative alquanto impopolari non potranno mai essere intraprese a livello di singolo professionista (lo so, qualcuno potrebbe anche essere tanto insano da farlo … mumble, mumble … scusate un attimo: sto riflettendo … no, meglio di no, almeno per ora). Ecco perché questo piccolo richiamo alla Vostra sensibilità, Cari Consiglieri: solo l’Ordine, in quanto tale, può  “esporsi” in tal senso per la tutela della categoria.

Qualcuno raccomanderà pazienza; vorrà dire che si proporrà ricorso in Commissione Tributaria Provinciale: ahia, che dolore!

Ogni volta che si presenta un ricorso, prima, si deve andare in giornata a Lourdes (meno male che ci sono le compagnie low-cost, se no poi il rimborso spese non sarebbe accettabile), a pregare che la questione venga esaminata nella sezione "giusta". È notorio, infatti, che taluno giudice tenda a pronunciarsi ad graecas kalendas, mentre talaltro sia allergico alle ragioni del contribuente: quasi gli venisse un’eruzione cutanea, tutte le volte che debba eruttare la sua decisione nel senso a noi più favorevole.

In più c’è l’aggravante del modus operandi durante l’udienza. L’usciere chiama la tua causa; tu entri nella sala, appunto, delle udienze e ci trovi il presidente della sezione che sta amabilmente disquisendo (di cosa non è dato sapere) con il rappresentante dell’ufficio. “Prego, dottore, si accomodi”, ti dice. E tu, di rimando: “Sicuro che posso? Sa, non vorrei disturbarvi”.

Per non parlare, poi, della trattazione. Scrivi il ricorso; ti prepari a discuterlo con ogni scrupolo professionale; ma, dopo i circa trenta secondi introduttivi, incominciano delle immotivate interruzioni e, dopo altri due o tre minuti, i richiami a non dilungarti e chiudere in fretta che ci sono altre cause da trattare. E chi se ne frega, se ci sono altre cause da trattare. Quando finisci, finisci. Sei pagato per ascoltare, prima di decidere (salvo non abbia già deciso a priori). Certo che i Padri della Costituzione lo avevano inteso in tutt’altra maniera il diritto della difesa nel corso del giudizio. Tra l’altro, vi sono degli evidenti problemi di carattere deontologico: i miei onorari comprendono anche la discussione della causa, non la sola predisposizione del ricorso. Con quale faccia posso parcellare un lavoro che non mi è possibile svolgere? Ma meglio non addentrarsi in questioni tanto dolorose, quali quelle concernenti le spese del giudizio e la loro bislacca soccombenza, del tutto priva di attinenza con gli esiti della decisione e, soprattutto, con le naturali ragioni del diritto.

Dopo di che, dovremo appellare e andare a far visita alla Commissione Tributaria Regionale e, magari (putacaso e putamiseria), fino in Cassazione: ma qui casca l’asino, cioè noi. Perché, in Cassazione, noi, non ci andiamo; come tutti quanti, infatti, ben sapete, il legislatore, sempre lui, ha ritenuto che non siamo all’altezza (indipendentemente dagli ormoni giuridici di cui ci volessimo nutrire). Tirando le somme, siamo tanto bravi da predisporre il ricorso anche in Cassazione (visto che, nella maggior parte dei casi, lo confezioniamo noi e poi lo affidiamo a qualche avvocato patrocinante presso la Suprema Corte), ma non altrettanto da poterci entrare (ci manca il pass); eppure, in Cassazione, è assai difficile che vi siano discussioni simili a quelle presenti nei primi due gradi del giudizio: perlopiù, non si discute affatto.

Insomma, Cari Consiglieri, Vi invito caldamente a studiare qualche opportuna linea di azione, perché il nostro lavoro sta diventando davvero impraticabile, anche e soprattutto, nei settori in argomento.

Vi saluto cordialmente e mi scuso per la prolissità del post, esclusivamente dovuta al fatto che il thema decidendum richiedeva almeno una piccola riedizione in chiave moderna del noto romanzo “Guerra e Pace”.

PS: Il conte Bezukhov è impersonato dal legislatore, ovviamente … 


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Giovedì 29, le elezioni dell'ordine: andiamo tutti a votare

postato da paolo.soro [27/10/2009 17:46]

Ormai ci siamo: l’appuntamento, come noto, è per giovedì 29 al Mediterraneo di Cagliari.

Innanzitutto, un grazie al commissario Moretta per aver portato a compimento il suo mandato e per essere stato di parola, organizzando un interessante evento formativo in contemporanea, presso lo stesso hotel. Si spera così che anche i soliti renitenti al voto facciano il loro dovere di iscritti e si rechino a esprimere la preferenza, dando massima credibilità a chi sarà eletto, forte del consenso maggioritario scaturente da una larga partecipazione di votanti.

Ciò detto, sgombriamo subito il campo da qualunque equivoco: non interessa, in questa sede, fare propaganda elettorale per qualcuno a scapito di altri; bensì, cercare di compiere un’analisi seria della situazione. In effetti, tutti quanti noi “ex” dottori commercialisti (ora consacrati dalla normativa – bontà sua – anche esperti contabili) sappiamo che si voterà per le liste di Giuseppe Marongiu, Giancarlo Murgia e Antonello Melis. Lo sappiamo perché, inutile menare il can per l’aia, siamo stati contattati dai vari candidati o dal capolista in prima persona. A dire il vero, qualcuno (forse più fortunato di altri) ha avuto il piacere di ricevere inviti pure dall’ammaliante e suadente voce di esperte signorine – in tipico stile da call-center – che sulle prime ci hanno lasciato un pochino disorientati: abituati come siamo a sopportare simili telefonate a carattere pubblicitario quotidianamente, mai pensavamo di doverle ricevere anche da un collega tramite interposta persona (parrebbe, infatti, che certuni, senza capire, abbiano risposto d’acchito con il classico: “Non mi occorre niente; ho già tutte le assicurazioni, la linea ADSL professionale, le riviste tramite Internet, i programmi me li faccio da me e la cancelleria me la regalano”).

Dovremo a questo punto, insomma, essere in grado di esprimere in piena coscienza un voto che sia fautore di buon governo per il nostro ordine professionale. Sicuri che il bene del singolo ci può essere solo laddove esista il bene della categoria vista unitariamente nel suo complesso; che il consiglio non si guida seduti su di un altro scranno (con la veduta corta di uno spanno – se mi permettete di parafrasare il Sommo Dante); che la politica del panem et circenses non paga e, finiti i cocktail-party, occorrono colleghi capaci, responsabili, spinti da grande voglia di lavorare per spirito di servizio, non per lottizzare l’ennesimo ente a proprio uso e consumo; e che infine – last but not least – alle reprensibili ed esecrabili favolette sul futuro incarico in premio (secondo usuale malaffare della più bieca politica di bassa lega condotta in base al noto principio del do ut des), ormai non credono più neanche i novellini iscritti all’albo dei tirocinanti, avendo già abbondantemente superato l’età in cui ci si aspettava di veder arrivare la befana di notte, con le scarpe tutte rotte … e non ripiene di sparlotte.

A tal riguardo, un ulteriore elemento sicuramente degno di apprezzamento è stato il confronto-dibattito tra i candidati Giuseppe Marongiu e Giancarlo Murgia, organizzato di recente dalla locale Unione Giovani (che di ciò ringraziamo vivamente), al quale purtroppo non ha ritenuto di dover partecipare l’altro papabile Antonello Melis, così defraudando i colleghi intervenuti della possibilità di rispondere ai loro quesiti e avere chiarimenti e assicurazioni su quelli che sarebbero, in ipotesi, i suoi intendimenti e i suoi programmi futuri, i quali non possono di certo essere lasciati sic et simpliciter a uno scritto (peraltro, oggettivamente alquanto scevro di sostanza, pur se farcito di belle e retoriche ridondanti frasi riguardo alle possibilità di intavolare rapporti con enti e soggetti esterni), trasmesso esclusivamente via mail, la cui presumibile mente ideatrice si è sempre però ben guardata dall’illustrarne contenuti e dettagli pubblicamente alla massa degli iscritti, col che sicuramente dimostrando di non avere la ben che minima considerazione dei suoi stessi colleghi (questo, indubbiamente, dispiace moltissimo; sarebbe ipocrita tacerlo). Ma, torniamo a ripetere, non vogliamo qui incensare qualcuno a scapito di altri, semplicemente ragionare sulle prospettive future che riguardano tutti.

E’, in ogni caso, possibile che vi siano ancora dei votanti alquanto indecisi, ai quali speriamo di poter fornire un piccolo contributo e, se anche solo uno di loro recepirà il messaggio, ne sarà comunque valsa la pena.

L’amico Gian Paolo Porcu ha di recente trasmesso alcune mail sulla necessità di avere massima trasparenza riguardo agli atti posti in essere dal consiglio, riflettendo sul fatto che le risposte avute non lo rassicuravano completamente. Credo che tutti concordino col collega riguardo all’importanza di far conoscere e approvare dall’assemblea degli iscritti in tempi brevi un completo e chiaro regolamento sull’accesso agli atti amministrativi e sulla nomina del responsabile dei procedimenti, come del resto obbligatorio per qualunque ente pubblico. Penso, però, che seppure le due risposte avute possano non essere da tutti giudicate sufficientemente esaustive, siano senza meno più convincenti e degne di fiducia rispetto al nulla assoluto di chi si nasconde e non si cura nemmeno di rispondere. E la scelta che dobbiamo esprimere col voto è relativa a una di queste tre opzioni. Con chi risponde, quanto meno, sappiamo che ci potrà essere un dialogo. Ma con un futuro presidente che, prima ancora di essere eletto, si cela sempre dietro improcrastinabili impegni, che tipo di rapporto potrà mai avere il singolo iscritto? E se questi impegni sono così pressanti e irrinunciabili, come sarà possibile riuscire a trovare il tempo per fare il presidente dell’ordine? La nostra categoria ha, prima di tutto, bisogno di avere un presidente presente, che operi quotidianamente presso la sede dell’ordine per tutti gli iscritti che deve rappresentare, ponendone gli interessi in cima alla lista dei doveri da compiere e, quindi, anche dei suoi impegni personali.

Odiamo ripeterci, ma non vogliamo qui suggerire per chi votare; vogliamo soltanto rappresentare con serenità quello di cui necessita il nostro ordine e comprendere per cosa votare. Certo, chi non è d’accordo sulla ripresa di un prestigio professionale che la nostra categoria ha da tempo perduto? E, infatti, chi dei candidati non ha posto anche (beninteso, anche, non solo) questo obiettivo tra i punti del proprio programma? Ciò assodato, veramente ciascuno di noi, in piena coscienza, ritiene che i seri problemi che affrontiamo giornalmente saranno come d'incanto risolti solo riacquistando un minimo di prestigio professionale, ammesso e non concesso che si riesca in qualcosa in cui per il momento ha fallito anche il consiglio nazionale? E tutti i disservizi? Gli impedimenti burocratici? La pressoché totale mancanza di servizi? L’assenza di un dialogo al nostro interno? Tutto risolto? Dissentiamo energicamente: così non si farà mai il bene degli iscritti.

E allora il quesito è assai semplice: vogliamo come presidente una sorta di primula rossa, o preferiamo un collega che lavora per noi e che sappiamo sempre dove trovare?

Poniamoci queste domande seriamente e sarà la nostra stessa risposta a farci esprimere il voto senza tema di futura smentita, perché prima ancora del tanto idealizzato prestigio (che, peraltro, saremo anche all’antica, ma si conquista sul campo col lavoro giorno per giorno e non certo con le telefonate nelle stanze del potere), cari colleghi, esiste la nostra dignità personale.

 


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Elezioni: pronti … via!

postato da paolo.soro [30/09/2009 09:56]

Fra trenta giorni sapremo chi governerà l’ordine di Cagliari. Trenta “giri” da compiere per le tre liste di candidati tra i dottori; i ragionieri esprimono una sola lista e, quindi, non ci sarà “gara” (come si dice in gergo). Il D-Day è fissato per giovedì 29 ottobre, presso l’Hotel Mediterraneo di Cagliari. A tal riguardo, fermo restando che l’idea di avere qualche seggio decentrato in provincia non ci sarebbe affatto dispiaciuta, dobbiamo un doveroso plauso all’iniziativa dell’attuale commissario straordinario, il quale ha promesso che cercherà di predisporre anche un evento formativo nella stessa giornata. Tale fatto, è giusto riconoscerlo, sarebbe importantissimo quanto meno per due motivi:

  1. quest’anno, siamo rimasti abbastanza a corto di formazione e la spia della riserva dei crediti incomincia a lampeggiare sempre più insistentemente;
  2. molti potrebbero unire l’utile al dilettevole, o – se preferite – prendere due piccioni con una fava, considerato che parrebbe profilarsi un discreto astensionismo alle prossime elezioni (elemento senza dubbio negativo, pur se – vista l’ultima deludente esperienza – difficile dar torto a chi preferirebbe rimanere a lavorare nel proprio studio).

Insomma, l’idea ci piace assai … il consiglio deve essere espressione della più grande maggioranza possibile; pertanto, andiamo tutti a votare, provando a individuare persone che vogliano, sul serio, lavorare; i prestanome vanno bene per le SRL in odore di fallimento, gli incarichi li assegnano i giudici e i clienti continuano a essere solo quelli dei nostri studi (sperando che paghino tutti abbastanza regolarmente).

Votare … sì, ma per chi? Gli attuali indecisi saranno quelli che, col loro voto, decreteranno i futuri vincitori. Dunque, è questo il periodo in cui i candidati dovranno profondere il maggior impegno per convincere questa fondamentale massa di colleghi.

Ci sono molti modi di fare campagna elettorale; noi siamo ancora tra quei fessi che reputano debba essere prima di tutto valutato il programma: “votatemi se ritenete che il mio programma soddisfi le vostre aspettative”. Dopo di che, occorre porre una certa attenzione a chi dovrebbe portare detto programma a compimento: il miglior copione non sarà mai un successo se gli attori non ne sono all’altezza. Infine, l’omogeneità della lista: l’attuale normativa, ci piaccia o no, prevede che il voto debba premiare una squadra e non i singoli giocatori; sarà altresì importante, quindi, che i candidati abbiano già avuto comuni esperienze e che le abbiano concluse senza tirarsi le sedie addosso (metaforicamente parlando).

Nutriamo estrema fiducia sul fatto che la maggior parte dei colleghi candidati stiano operando in tal senso; e, infatti, come la quasi totalità sa per avere ricevute le consuete mail informative, due liste (Giuseppe Marongiu e Giancarlo Murgia) hanno già da tempo organizzato riunioni aperte ai più e reso noto programmi e candidati.

Quanto alla terza … nescio.

Chi i candidati?

Quale il programma?

All’assemblea di approvazione del bilancio (a proposito, se tutti fossero stati informati per tempo riguardo all’attribuzione di crediti formativi, probabilmente sarebbe stata più partecipata), siamo venuti a conoscenza del fatto che c’è un terzo candidato presidente; dal che abbiamo dedotto l’esistenza di un’altra lista di colleghi tra i papabili. Questi, evidentemente, reputano non necessario esternare alla grande platea degli iscritti i propri intendimenti: forse, il loro copione si reciterà improvvisando; sarà sufficiente l’aiuto del “gobbo”.

Certo queste sono inezie, le solite pignolerie di chi scrive, ormai note a tutti; ciò che conta, invece, sarà l’impegno che, con sacrificio e spirito di servizio, metteranno a disposizione della categoria. E per chiarire subito che quando si tratta di questioni attinenti all’ordine non si scherza e si partecipa attivamente, già all’assemblea in questione, il terzo candidato (ovviamente, terzo in ordine cronologico di deposito della lista), non ha mancato di presenziare; seppure, dobbiamo evidenziare a titolo di cronaca, come sia stato particolarmente sfortunato, arrivando con quell’abituale ora accademica di ritardo che non gli ha permesso di contribuire alla votazione sul bilancio. Va beh! Pazienza; si rifarà la prossima volta. D’altronde, il voto è una questione di fiducia, no?

Tra i vari motivi per cui, sempre colui che scrive ha, più volte e pubblicamente, ribadito la decisione di non candidarsi, ve ne era anche uno veramente futile: troppi impegni. L’ordine di Cagliari vanta circa mille iscritti; servirli scrupolosamente e adeguatamente vuol dire dedicarvi molto del proprio tempo, pur essendo solo consigliere. Figurarsi il lavoro del tesoriere, del segretario, o addirittura del presidente, il quale deve necessariamente trascorrere un paio d’ore, ogni giorno, presso la sede (e di sicuro non per curare un po’ di pubbliche relazioni, firmare autografi, o rimirarsi nello specchio del bagno).

Orbene, chissà perché abbiamo la stupida fissazione che chi non riesce nemmeno a presenziare alle assemblee in quanto in tutt’altre faccende affaccendato, non ispiri sufficiente fiducia riguardo al concreto impegno che profonderà in quelle nostre, di faccende.

Ma, probabilmente, sbagliamo; siamo noi che non abbiamo ancora capito come funziona la “giostra”: l’importante è salirci; il resto si vedrà …


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Ordine di Cagliari: commissario straordinario o commissario Rex?

postato da paolo.soro [29/06/2009 11:28]

Mentre, tra liste e pseudo-liste più o meno presunte e candidati che giocano a nascondino, continua a serpeggiare il toto-elezioni tra i colleghi (luglio? Settembre? Ottobre? Ma di che anno?), sarà forse per le alte temperature, ma i Vigili del Fuoco di Cagliari sono dovuti intervenire nella centralissima via Alghero inondata dal sudore dell’affaticatissimo commissario straordinario nominato dal Consiglio Nazionale per riportare all’ordine (è proprio il caso di dirlo) la situazione locale.

Tutti noi, poveri commercialisti mortali, che mai potremo nel corso della nostra onorevole carriera ambire a ricevere un incarico di tale portata e prestigio, avremmo pensato a un professionista particolarmente rapido ed efficiente nell’agire: interloquire subito i principali esponenti del Consiglio decaduto (presidente, segretario e tesoriere), dare immediate disposizioni al personale per i doveri di ordinaria amministrazione, convocare al più presto l’assemblea degli iscritti per procedere a nuove elezioni e altre pinzillacchere del genere. A onor del vero, è da rilevare come anche la lettera della norma suggerisca comportamenti di siffatta portata: “Il commissario straordinario provvede alla gestione ordinaria … Il commissario provvede, entro 60 giorni dalla nomina, salvo diversa indicazione del Consiglio Nazionale, a convocare e tenere l’assemblea per la elezione dell’intero Consiglio, che resterà in carica fino alla scadenza naturale del Consiglio disciolto o non costituito” (art. 17, D.LGS. 139/2005). E, probabilmente confidando in tale modus operandi, già, in effetti, i colleghi interessati avevano incominciato a darsi da fare, più o meno apertamente, per illustrare candidature, liste, programmi etc. a tutti gli iscritti.

Ma, si sa, tra il dire e il fare c’è di mezzo il mare (il mar Tirreno, per l’esattezza). E le cose non parrebbe stiano procedendo esattamente in questo modo. Sarà a causa del periodo zeppo di scadenze contabili e fiscali, sarà a causa della continuità territoriale valevole solo per i residenti, sarà a causa degli impegni connessi alle riprese della nuova serie televisiva di imminente uscita, il nostro commissario Rex non ha avuto il tempo di abba… pardon, di attuare il programma auspicato e, secondo voci di corridoio (che, però, necessitano di adeguata conferma), dal momento della sua nomina (superati i 60 giorni) ha visitato la sede di via Alghero solamente una volta e non ha ancora parlato col nostro ex-tesoriere, il quale – quanto meno, teoricamente – dovrebbe essere la persona più addentro nelle passate questioni contabili del cessato Ordine di Cagliari.

I maligni (notizia che sono costretto a citare solo per dovere di cronaca, ma dalla quale mi dissocio energicamente – N.d.R.) sono già andati a controllare il tariffario per capire se certi mandati vengano remunerati a cottimo o a tempo.

Qualche nostalgico, a questo punto, potrebbe incominciare a pensare che, forse, si stava meglio quando si stava peggio. Io, però, sono ottimista per natura e preferisco guardare al futuro; anche se, di questo passo, è un futuro che certo non si prospetta esattamente rosa. D’altronde, come si legge questi giorni in tutti i giornali, quali addetti ai lavori, il nostro compito è quello di “zittire i catastrofisti” (termine non proprio estrapolato dallo Zingarelli – personalmente avrei usato “persone catastrofiche” o il generico “catastrofismi” – che però rende l’idea … di quanta grammatica bisognerebbe studiare prima di aprire bocca in pubblico).

Va beh (anzi, va mal); lasciamo perdere le illazioni e cerchiamo di analizzare i fatti conosciuti. E qui mi fermo perché il punto è proprio questo: nessuno sa niente (le due negazioni sono intese come rafforzativo e non come contrasto che afferma). Tutto tace. Nihil sub sole novi. Questo è forse il dato maggiormente preoccupante. È, altresì, vero che non si capisce proprio questa nostra strana curiosità di voler avere per forza notizie al riguardo.

Insomma, cari colleghi, Vi lascio queste mie riflessioni e Vi consiglio di passare un’estate al mare senza pensare troppo a questioni di categoria. I tempi si prevedono particolarmente lunghi …

Ovviamente, però, per il momento, posso solo augurare a tutti il mio più cordiale: buoni studi di settore!


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Ordine di Cagliari: che succede? Presidente? Commissario?

postato da paolo.soro [01/04/2009 17:54]
Il 31 marzo è giunta la comunicazione (per posta ordinaria) del collega Guido Cogotti, datata 18/03/2009, recante prot. 223/2009/P/vf, avente oggetto: “Decadenza del Consiglio dell’Ordine dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili di Cagliari”. Meno male che detta missiva non è stata recapitata il giorno dopo, 1° aprile, se no avremmo pensato tutti si potesse trattare del classico pesce d’aprile.
In tale lettera si legge:
Vi comunico che, a seguito delle dimissioni presentate da tutti i componenti del Consiglio … alla data 10 marzo c.a., lo stesso, ai sensi e per gli effetti del combinato disposto degli artt. 16 e 17 del D.Lgs. 139/2005 sarebbe da considerarsi sciolto”.
Sarebbe? Il modo condizionale si usa per esprimere una condizione in base alla quale un evento si verifica o, appunto, si sarebbe potuto verificare. Quale è la condizione in base alla quale il consiglio “sarebbe da considerarsi sciolto” (che brutto termine)? La risposta si trova nello stesso periodo: “il combinato disposto degli artt. 16 e 17 del D.Lgs. 139/2005”.
Leggiamo, dunque, questi due complessi articoli in modo combinato.
Art. 16 – Sostituzione dei componenti del consiglio
1.    Fatta eccezione per il presidente, la cui decadenza, dimissione, morte o altro definitivo impedimento comporta lo scioglimento di diritto dell’intero consiglio, alla sostituzione dei consiglieri che sono venuti a mancare per decadenza, dimissioni, morte o per altre cause, si provvede con la nomina dei primi dei non eletti nelle rispettive liste.
2.    I componenti così eletti rimangono in carica fino alla scadenza del consiglio.
3.    Se il numero delle vacanze contestuali supera la metà dei componenti il consiglio, esso decade autonomamente. Il presidente deve di diritto, entro sessanta giorni dalla intervenuta decadenza, convocare e tenere l’assemblea per l’elezione dell’intero consiglio.
4.    In caso di impedimento del presidente, tale attribuzione è esercitata dal presidente del tribunale nel cui circondario l’ordine è istituito.
Art. 17 – Scioglimento del consiglio
1.    Il consiglio può essere sciolto nelle ipotesi in cui non si provvede alla sua integrazione, se non è in grado di funzionare, o se ricorrono altri gravi motivi.
2.    In caso di scioglimento o di mancata costituzione del consiglio, le sue funzioni sono affidate a un commissario straordinario che provvede alla gestione ordinaria.
3.    Lo scioglimento del consiglio e la nomina del commissario sono disposti con decreto del ministero della giustizia, sentito il parere del consiglio nazionale. Il commissario provvede entro sessanta giorni dalla nomina, salvo diversa indicazione del consiglio nazionale, a convocare e tenere l’assemblea per la elezione dell’intero consiglio, che resterà in carica fino alla scadenza naturale del consiglio disciolto o non costituito.
Dalla lettura degli articoli in questione appare evidente quanto segue.

L’art. 16 concerne – come da titolo – la sostituzione dei componenti del consiglio, nell’ovvio caso in cui qualcuno, in seno al consiglio, ci sia per compiere questa sostituzione; prevede, poi, il caso estremo della convocazione di una nuova assemblea, se viene a mancare la maggioranza dei consiglieri (non la totalità). Cioè a dire, anche in tale estrema ipotesi, esiste sempre qualcuno all’interno del consiglio che può attivare la procedura per giungere a nuove elezioni. Nel nostro caso, viene comunicato che, il 10 marzo, l’intero consiglio ha presentato le dimissioni (non solo qualcuno, o la maggioranza, ma tutti). Ergo, siamo di fronte alla disposizione di cui all’art. 17: scioglimento del consiglio. Ciò assodato, usare il modo condizionale mi pare quanto mai inadeguato: la condizione necessaria perché vi sia lo scioglimento (dimissioni dell’intero consiglio), purtroppo, si è già verificata con assoluta certezza; pertanto, il consiglio non “sarebbe da considerarsi sciolto”, ma si è oggettivamente sciolto il 10 marzo.
E ora?
Mi sembra che il richiamato articolo indichi chiaramente cosa avviene e, dunque, come ci si debba comportare in questi casi.
In caso di scioglimento o di mancata costituzione del consiglio, le sue funzioni sono affidate a un commissario straordinario che provvede alla gestione ordinaria. Lo scioglimento del consiglio e la nomina del commissario sono disposti con decreto del ministero della giustizia, sentito il parere del consiglio nazionale. Il commissario provvede entro sessanta giorni dalla nomina, salvo diversa indicazione del consiglio nazionale, a convocare e tenere l’assemblea per la elezione dell’intero consiglio.
Ci saremmo, dunque, aspettati tutti che il presidente uscente mandasse, prima di tutto e immediatamente, una comunicazione in merito al consiglio nazionale e al ministero della giustizia, informandoli di quanto accaduto; così che si potesse avere al più presto la nomina di un commissario straordinario per svolgere l’ordinaria amministrazione e indire – entro sessanta giorni – l’assemblea per le nuove elezioni.
E invece, che succede?
Il decaduto presidente si limita a informare il presidente del tribunale di Cagliari “per avere le opportune indicazioni”: veramente, le indicazioni si sarebbero dovute apprendere leggendo quegli stessi articoli poco prima richiamati o, al limite, se proprio si aveva paura di sbagliare, chiedendo lumi alla segreteria del consiglio nazionale. Che figura ci facciamo come ordine di fronte al Presidente del Tribunale, se il nostro ex rappresentante va a chiedere notizie su una norma che dovrebbe conoscere meglio lui e che, tra l’altro, in pratica, costituisce per il citato Presidente del Tribunale un mero atto burocratico? Voi andreste dall’impiegato che vidima i registri a chiedergli indicazioni su come si compilano?
Dopo di che, il decaduto presidente revoca, il 18 marzo, le dimissioni: con la qual cosa, bisognerebbe meglio capire cosa si intende. Le dimissioni sono state formalizzate con una delibera consiliare il 10 marzo. Cosa ha fatto? Ha, d’autorità, revocato parzialmente quella delibera? E sotto quale veste, non essendo più, il 18 marzo, nemmeno presidente dell’ordine per avere presentato appunto le dimissioni il 10 marzo? E a chi ha indirizzato questa revoca se non c’era più un consiglio? A sé stesso in quanto ex presidente dell’ordine?
Ma non basta: il decaduto presidente continua, de facto, a gestire l’ordine in tutto questo periodo e si appresta ad “avviare le procedure elettorali e la convocazione della relativa assemblea degli iscritti”.
Francamente, restiamo basiti.
Da un lato, non v’è chi non veda come qualunque elezione effettuata sulla base di simili prerogative assembleari sarebbe immediatamente e con successo impugnabile da chiunque. Tanto, visti i soldi che sono costati all’ordine di Cagliari i vari contenziosi (per lo più, in gran parte ancora da pagare), possiamo permetterci di creare i presupposti per dare vita a nuove inopinate azioni giudiziarie ...
Per altro verso, l’ordine è immobilizzato. Non può esercitare nemmeno le minime operazioni istituzionali di base (quali, ad esempio, iscrizioni, trasferimenti e cancellazioni di iscritti e tirocinanti), il che potrebbe – tra l’altro – comportare ulteriori motivi di risarcimenti, salvo che non si stia procedendo lo stesso (cosa che sarebbe allora ancora più grave, in quanto chi firma non ha alcuna autorità per farlo). Continuano a rimanere i medesimi problemi di scarsa e intempestiva informazione degli iscritti. Permane, altresì, una specie di orrida pagina bianca all’indirizzo Internet http://www.dottcomm.ca.it/ dando così a tutti gli utenti (non solo ai colleghi, i quali, purtroppo ne sono già ben coscienti) un’immagine veramente barbina del nostro Albo di Cagliari, con l’aggravante che, presso svariati altri siti (ad esempio: http://www.ordinecommercialisti.it/), è possibile verificarne quanto meno gli iscritti (come a dire che non siamo in grado di dare su noi stessi quel minimo indispensabile servizio che altri riescono a dare al posto nostro). E nella comunicazione si parla di “spirito di servizio”; forse c’è stato un errore di battitura: semmai questo è puro “spirito disservizio”.
Comunque, possiamo tranquillizzarci: come già detto, il decaduto presidente ha subito pensato al bene del nostro glorioso ordine e ha “dato tempestiva comunicazione a mezzo raccomandata” (non si sa mai) “al Presidente del Tribunale di Cagliari”. Non basta: con lo stesso ha “avuto un primo incontro nella giornata del 13 marzo”. Un primo incontro? Dobbiamo supporre che ce ne saranno degli altri? E cosa fanno durante questi incontri? Prendono un caffè al bar del palazzo di Giustizia?
L’art. 16 del D.Lgs. 139/2005 recita:
In caso di impedimento del presidente, tale attribuzione – convocare l’assemblea per eleggere il nuovo consiglio – è esercitata dal presidente del tribunale nel cui circondario l’ordine è istituito.”
Ma qui non c’è un impedimento del presidente (la battuta sarebbe fin troppo facile e la tralascio), semplicemente, non c’è un presidente e basta. E anche a voler dare della norma un’interpretazione autonoma alla volemose bene (che non è esattamente come fornirne un’interpretazione autentica), la lettera che ci ha mandato informa:
-    10 marzo: dimissioni dell’intero consiglio, presidente incluso;
-    18 marzo: revoca dimissioni del presidente;
-    13 marzo, ossia “terra di nessuno”: incontro col presidente del tribunale (da cui, la domanda nasce spontanea: sotto quale veste?)
Certo non è semplice gestire un ordine professionale in situazione normale, figuriamoci in una situazione delicata e difficile come questa. Appunto per questo, forse bisognerebbe lasciarlo fare a chi è in grado o, almeno, avere la modestia di farsi aiutare, consultarsi prima all’interno del consiglio (dove, “fino all’altro giorno”, sedevano colleghi validissimi e, taluni, pure di grande esperienza proprio nelle “cose” dell’ordine).
Caro Guido, le dimissioni da un incarico così prestigioso (e lo dico, nel mio piccolo, per la personale esperienza quale consigliere), non sono un passo superficiale e avventato, ma costituiscono un atto altrettanto serio, importante e gravoso dell’accettazione dell’incarico stesso: occorre ponderarne bene gli effetti per sé stessi e per l’interesse pubblico delle persone in nome delle quali si agisce; sapere, in anticipo, quale sia il successivo preciso iter che occorre seguire. Non si può decidere così, ex abrupto, lasciando, oltre tutto, incompiuta, tutta una serie di impegni in precedenza presi e che non potranno essere definiti (e non parlo, evidentemente, delle solite grandi promesse elettorali, ma di ordinarie, parimenti importanti, questioni quotidiane). Non si tratta di una società commerciale che si amministra a proprio piacimento, si abbandona quando si vuole, salvo poi ricambiare idea ad libitum, compiendo atti unilaterali privi di valore. Si tratta, per la miseria, di un ente pubblico, che rappresenta più di mille iscritti, i quali meritano un minimo di considerazione in più di quella che gli è stata riservata e, soprattutto, pretendono che chi si assume l’onere / onore di guidarli, lo faccia impegnandosi seriamente e prima di tutto attraverso lo studio delle norme e dei regolamenti di riferimento per la gestione.
Ciò scritto, come sempre, aspetterò fiducioso che tutti gli interessati (rectius, tutti gli iscritti) facciano sentire la loro voce: se non dimostriamo di avere un minimo di interesse per tali fondamentali questioni relative alla nostra categoria, poi non possiamo certamente lamentarci di nulla.
Buona professione a tutti!

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La bilancia della Cassazione sembra pendere sempre di più verso l'Amministrazione Finanziaria

postato da paolo.soro [23/03/2009 18:56]

Molti di noi hanno notato, ultimamente, come il generale orientamento scaturente dalle pronunce della Corte di Cassazione paia, sempre più spesso, favorire l'Amministrazione Finanziaria ai danni del contribuente. Peraltro, abbiamo anche di sicuro tutti pensato subito che, probabilmente, la nostra era una visione fuorviante dettata dal ruolo che ricopriamo in qualità di professionisti. Ora, però, preso atto dell'articolo apparso in prima pagina nel quotidiano "Italia Oggi Sette" e della pubblicazione del conseguente commento pubblicato dal presidente del Consiglio Nazionale Siciliotti, credo che l'argomenti meriti, quanto meno, una più attenta riflessione.

Di seguito, mi limito a riportare l'interessante articolo citato, lasciando a ciascuno le proprie valutazioni del caso.

Quelli che volessero conoscere il pensiero del presidente Siciliotti, possono collegarsi al seguente linknel portale del Consiglio Nazionale:http://www.cndcec.it/PORTAL/Documenti/3465_cccyajncjm.pdf.

"La bandiera della lotta all’evasione senza se e senza ma, dopo Vincenzo Visco, sembra dalla Corte di cassazione. fare strame del diritto tributario, delle regole dell’economia, del semplice L’esempio più clamoroso sentenze del 2008 contro sono sempre più frequenti le interpretazioni forzate pro-fisco: la Cassazione tributaria ha negli ultimi anni quasi sempre preso le parti dell’erario, travolgendo nella sua foga anche il principio del rispetto della forma dell’atto, uno dei cardini della riforma tributaria degli anni ’70. Il risultato di questi interventi a gamba tesa è spesso la distruzione di ogni certezza nei rapporti giuridici e commerciali. Con le sentenze sull’abuso di diritto, in particolare, la Cassazione ha infatti definito una meta-norma ricavabile dal principio di capacità contributiva (articolo 53 della Costituzione), secondo la quale «il contribuente non può trarre indebiti vantaggi fiscali dall’utilizzo distorto, pur se non contrastante con alcuna specifica disposizione, di strumenti giuridici idonei a ottenere un risparmio fiscale, in difetto di ragioni economicamente apprezzabili». Nel caso concreto la Suprema corte è riuscita a disinnescare azioni chiaramente elusive, fissando però un principio che finisce per sottoporre le scelte aziendali al sindacato di «economicità» degli organi accertatori. Come se il fisco fosse un supervisore in grado di discernere il grano dal loglio pur in assenza di esplicite norme che impongono o vietano determinati comportamenti. Addio al positivismo giuridico, al rispetto delle forme, alla libertà imprenditoriale. Di fatto ora i responsabili aziendali si trovano a operare con una spada di Damocle appesa sopra la testa perché, in caso di verifica, Guardia di finanza o Agenzia delle entrate possono farsi un baffo della regolarità delle scritture contabili, possono andare a cercare prove di evasione anche nei cestini e infine se tra i vantaggi di una operazione c’è quello della riduzione del carico tributario possono far valere l’abuso di diritto: eppure non è la stessa cosa pagare imposte per 100 o 200, in regime di libera concorrenza. È ovvio che per un imprenditore la voce fisco sta dalla parte dei costi, che devono essere minimizzati. Ed è ovvio che l’imprevedibilità di un sindacato sull’esistenza di valide ragioni economiche finisce per deprimere la propensione a investire. Sostituendosi al legislatore i giudici stanno scardinando la certezza del diritto e stanno mettendo nelle mani degli accertatori armi non convenzionali, in grado di distruggere la prevedibilità della pretesa tributaria. Un imbarbarimento che lascia una sola via di fuga: il sommerso! Infatti, sono sempre più frequenti le verifiche che si concludono con l’identificazione di una o più operazioni considerate elusive. In quanto tali non opponibili al fisco. Proprio per questo motivo ItaliaOggi ha deciso di aprire uno spazio di discussione dedicato all’opera di distruzione del diritto tributario (e di sovrapposizione all’attività del legislatore) della giurisprudenza di legittimità."

 


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La mia esperienza come consigliere dell'Ordine di Cagliari.

postato da paolo.soro [15/02/2009 15:13]

 

Dal giorno in cui ho dato il via a questo blog, nel mio vecchio sito, sono ormai trascorsi quasi due anni. Molto è accaduto in questo periodo: l’esperienza come candidato al consiglio dell’Ordine di Cagliari, la vittoria alle elezioni, un laborioso e difficile anno in veste di consigliere, le dimissioni presentate durante lo scorso mese di dicembre.

Molti colleghi mi hanno più volte chiesto quali motivazioni mi abbiano spinto a dimettermi. Credo che questa sede sia quella più adatta per dare una risposta, senza spirito polemico, ma con la dovuta sincerità e – ahimè – la scarsa diplomazia che mi ha sempre caratterizzato.

Qualcuno, pur con il sorriso, mi ha comunicato come, dette dimissioni sono apparse quasi come una sorta di “tradimento” nei confronti di chi aveva riposto in me il suo voto e, dunque, la sua fiducia. La ragione fondamentale delle dimissioni è, semmai, proprio l’esatto contrario: il “tradimento” ci sarebbe stato se fossi rimasto all’interno del consiglio dopo aver definitivamente preso coscienza del fatto che non sarebbe stato possibile, per me, mantenere quanto promesso in sede elettorale. Non può, infatti, essere reputato motivo di dimissioni la mera diversità di vedute su questa o quella delibera consiliare: ritengo, anzi, che questa pluralità di opinioni (entro ovvi limiti) sia quanto mai auspicabile all’interno di qualsiasi organo collegiale perché stimola il dialogo e, conseguentemente, migliora la qualità delle decisioni intraprese obbligando tutti a una loro maggiore ponderatezza. Occorre, però, fare un piccolo passo indietro. Scorrendo questo stesso blog, nell’argomento relativo alle elezioni dell’albo unico, potrete leggere il post (dell’aprile 2007, la data che appare alla fine è solo quella relativa all’inserimento dei vari commenti sul nuovo sito) titolato “Cosa mi propongo di fare”. Ne ricordo di seguito i passi più significativi.

Una lista è formata da tanti candidati perché ognuno deve completare il programma comune e concentrarsi principalmente su quella parte che è suo dovere portare a compimento. La mia è questa: attivare immediatamente tutto ciò che occorre dal punto di vista informatico per ottenere svariati benefici effetti. Conoscersi bene tutti, aumentando la coesione e la nostra forza come categoria professionale; ma soprattutto conoscere le proposte innovative e anche le critiche costruttive che ogni iscritto dovrebbe poter rivolgere regolarmente al Consiglio che lo rappresenta, senza per forza scalare l’Olimpo degli dei per riuscire a farlo.

Instaurare una sorta di colloquio continuo fra tutti noi, per confrontarci, scambiarci pareri ed esperienze, crescere insieme, cogliere occasioni di business fra i nostri clienti e magari incominciare anche a ipotizzare una comunione di studi, in cui coinvolgere gradatamente tutti gli altri professionisti specializzati con cui operiamo pressoché quotidianamente (quali: Avvocati, Ingegneri, Notai etc.).

Implementare tutto il sistema dell’aggiornamento professionale, in modo che gli indispensabili crediti formativi possano essere accumulati senza doversi spostare fisicamente dalla propria scrivania e cercare di operare una scelta in relazione agli argomenti da trattare, che dovranno essere quelli di precipuo interesse per i professionisti che operano nel nostro ordine, sulla base dei loro stessi suggerimenti.

Senza stare a tediare tutta la platea entrando in dettagli tecnici, posso solo dire che ci vorrebbe veramente poco per sfruttare le attuali tecnologie: sarebbe sufficiente iniziare subito con dei semplicissimi blog (come questo) e forum tecnici, per poi passare ad applicazioni un pochino più raffinate, costruire un sito in grazia di Dio, con software utilizzabili in aree riservate soltanto dai colleghi interessati a comuni progetti di lavoro in relazione alle contingenti individuali esigenze professionali gratuitamente, sviluppare una linea Intranet con collegamento privilegiato alle varie banche dati di Enti, fondazioni e associazioni (come avviene, ad esempio, tra i Magistrati) e quant’altro.

Mi premeva, soltanto, indicare a tutti il principale impegno che sono certo, non di promettervi, ma di garantirvi, se vorrete concedere la Vostra fiducia alla lista in cui mi onoro di appartenere, per permetterci, finalmente, di poter cambiare sul serio lo status quo.

Perché, allora, mi sentivo di garantire certi cambiamenti e cosa è accaduto dopo?

La nostra non era soltanto una lista elettorale con dei programmi, fin da subito, chiari e precisi; era prima ancora un gruppo di tanti colleghi (assai più numerosi di coloro che apparivano all’esterno come candidati), quasi un piccolo movimento di commercialisti uniti (del resto, la schiacciante maggioranza ottenuta alle elezioni ne è stata la prova) che, pur senza rinunciare a dialoghi interni, spesso dai toni anche accentuati, si riconosceva appunto in un programma di massima e, cosa fondamentale, in un’organizzazione che aveva dei punti fermi oltre che dei professionisti fin da subito deputati a compiere determinati incarichi sulla base delle loro più consone personali peculiarità.

Come scrivevo nel passato, senza il preziosissimo e irrinunciabile supporto di colleghi esterni che hanno lavorato senza mai figurare per puro spirito di servizio nell’assoluta convinzione di operare per il bene dell’intera categoria, i candidati, da soli, non sarebbero andati da nessuna parte. Anzi, apro una rapidissima parentesi per ribadire a tutti questi colleghi (dopo averlo già fatto di persona, allorché ne ho avuto l’opportunità) tutta la mia gratitudine per il lavoro compiuto e l’ausilio dato.

Tornando in tema, le mie prerogative dovevano essere quelle di occuparmi immediatamente del portale dell’Ordine e della commissione Comunicazione e Immagine, per poter  proporre quotidianamente all’esame del consiglio (con l’aiuto di tutti quei colleghi a ciò interessati) dei progetti (logo distintivo, polisportiva dell’Ordine, giornale dell’Ordine, calendario fisso degli eventi conviviali e tanti altri) miranti a raggiungere quella sperata coesione interna della categoria, l’informatizzazione completa e, soprattutto, un vero e proprio ufficio stampa per informare gli iscritti con assiduità circa l’operatività del consiglio.

Pur con notevoli difficoltà connesse all’unificazione degli albi, l’inizio è stato particolarmente pieno di incombenze e le riunioni consiliari si sono svolte con ritmi spesso impressionanti. Sulla base delle delibere collegiali, ho lavorato assiduamente al regolamento di funzionamento del consiglio dell’Ordine, al regolamento istitutivo delle nuove commissioni di studio, al regolamento riguardante l’accesso agli atti amministrativi, ho chiesto che venisse instaurata una forte collaborazione con la commissione di studio Aggiornamento Professionale e Formazione Professionale sulla base delle tecnologie che avrebbero dovuto essere predisposte nel nuovo portale dell’Ordine, ho proposto delle modifiche e integrazioni al regolamento della formazione professionale comunicato dal consiglio nazionale in relazione alle esigenze locali, mi sono invece fatto da parte relativamente alla Fondazione avendo preso atto della diversità di vedute. Ben volentieri, considerato che ero l’unico professionista all’interno del consiglio che si occupava assiduamente della materia del lavoro, ho accettato di occuparmi dell’amministrazione del personale dell’Ordine (per chi non lo sapesse, a titolo assolutamente gratuito, come del resto appare esplicitato nel bilancio alla voce costi per la consulenza del lavoro = 0), svolgendo anche una relazione sulla situazione presente e passata e portandone le conclusioni all’attenzione dell’organo direttivo, proponendo la nuova pianta organica, nonché costituendo l’apposita commissione interna del lavoro (fino ad allora mai esistita). Come richiesto mi sono, poi, occupato della direzione della neonata commissione di studio Comunicazione e Immagine; commissione che grazie al grande impegno di quasi tutti i suoi componenti, ha prodotto svariati lavori all’attenzione del consiglio. In ossequio, poi, ad altra delibera del consiglio, ho predisposto una relazione tecnica sulle proposte che varie società specializzate esterne avevano consegnato all’Ordine per il rifacimento del sito Internet. Ma non ho mai avuto la possibilità di seguire questi lavori, nemmeno nella loro primissima fase iniziale. Colui al quale l’attuale normativa ha (reputo, correttamente) dato i fondamentali poteri di direzione del consiglio ha, infatti, ritenuto di doversi occupare singolarmente e in prima persona del portale dell’Ordine e ha, altresì, ritenuto di dover assumere la presidenza della commissione di studio Comunicazione e Immagine.

Per quanto mi riguarda, non ho potuto che prendere atto del fatto che, rebus sic stantibus, per me era divenuto impossibile assolvere gli impegni che avevo assunto in sede elettorale nei riguardi di tutti gli iscritti (non solo quelli che mi avevano concesso la loro preferenza) e, anche a dimostrazione che non tutti andiamo in consiglio solo per farci chiamare consiglieri, seppure assai a malincuore, mi è sembrato doveroso presentare le dimissioni.

Questa, dunque, è stata la mia esperienza come consigliere dell’Ordine di Cagliari che, per certi versi, definirei senz’altro positiva. Su tale argomento (o su qualunque altro) sarei felicissimo di ospitare gli interventi di tutti i colleghi e, specialmente, del presidente e degli altri consiglieri. Il mio spazio web è volentieri a vostra disposizione perché – come sempre – non è mia abitudine sottrarmi al confronto, o ammettere i miei errori. In ogni caso, essendo perfettamente a conoscenza della difficoltà di svolgere determinati importantissimi compiti, rinnovo a tutto il consiglio di cuore il mio augurio di buon lavoro.

 


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